“Questa mia patria con tutto il Vicariato suo, piglia principio dalle ruine di Suasa, città regale dei Senoni”. In epoca romana faceva parte del “Municipium di Suasa”, Agro Gallico o Gallia Togata, Regio VI° Umbriae. Nel medioevo apparteneva alla Pentapoli Ravennate. Il territorio entra nella storia con i Galli Senoni, dopo i popoli di origine greco-orientali, gli Asili - Pelasgi. Successivamente l’Imperatore Enrico IV da in feudo alla famiglia Ubaldini 1196 per entrare poi nello Stato della Chiesa. Eletto capoluogo di Vicariato conobbe il dominio dei Malatesti, del Piccolomini, dei Medici, dei Montefeltro e dei Della Rovere fino al 1631. Mondavio, apparentemente decentrato diventa nodo di saldatura e punto chiave di un perfezionato sistema di fortificazioni, centro religioso amministrativo, commerciale e culturale di un ampio territorio. Ancora oggi chiuso in una cinta muraria difeso da una poderosa Rocca, conserva nei palazzi e nelle chiese i segni di un passato glorioso.

LA ROCCA ROVERESCA

Massima testimonianza dell’architettura militare del primo Rinascimento Italiano.

È il principale monumento ed il simbolo stesso di Mondavio. Fu progettata e costruita dall’architetto militare senese Francesco di Giorgio Martini su commissione di Giovanni Della Rovere nel 1482-1492 a difesa delle sue terre. A soli 17 anni il “Principe Nuovo”, secondo il Macchiavelli, per grazia dello zio Papa Sisto IV, si unì in matrimonio con Giovanna, figlia di Federico da Montefeltro, conte di Urbino. Fu nominato Signore di Senigallia, del Vicariato di Mondavio con 24 castelli e Prefetto di Roma a capo delle truppe pontificie.

La Rocca, capolavoro del Martini, è il miglior esempio di arte fortificata del primo rinascimento italiano. Attorno al preesistente cassero malatestiano, torre del XIV secolo, egli ideò, ampliandola notevolmente di cui il Mastio è la parte principale. Il Mastio ha forma ottagonale con due lati spezzati. Ha larga base e pareti esterne trapezoidali inclinate a scarpata che si elevano per i 2/3 dell’altezza senza aperture, sghembe, quasi in avvitamento elicoidale, per sfuggire all’impatto diretto dei proiettili di artiglieria, poi sorrette dai beccatelli.

Questi sporgono a strapiombo sino ai merli del quinto piano coperto a tetto. Tre dei cinque piani sono fortificati con postazioni di artiglieria e feritoie: al Piano Terra per il tiro radente, al Secondo e al Terzo per il tiro a mezza altezza, al Quarto e Quinto, ove si effettua il controllo a vista del territorio per il tiro più lungo e leggero.

Dopo il 1631 alla fine del Ducato di Urbino, il Vicariato di Mondavio ritorna alla Santa Sede. La Rocca per molti anni sarà utilizzata come residenza del Magistrato e relative Carceri fino alla prima metà del XX secolo. I ponti levatoi sono ora sostituiti da arcate e il fossato è stato in parte coperto a volta nel seconda metà del cinquecento per costruire oggi Piazza Della Rovere.

All’interno della Rocca, dove vi sono scale, passaggi stretti e a volta, sono allestiti il Museo di Rievocazione Storica con personaggi e scene di vita Rinascimentale ed una importante Armeria con armi difensive, offensive ed accessori del periodo di costruzione del monumento, per meglio leggere l’importante ruolo che certe strutture architettoniche hanno ricoperto nel primo rinascimento italiano. All’entrata della Rocca, sopra l’ingresso del torrione, è scolpito nell’arenaria il suo stemma: la sfinge, il cimiero, lo scudo con i quarti nobiliari. La sfinge è l’intelligenza dell’uomo che vince l’astuzia malefica, i sette serpenti ovvero i sette peccati capitali e compie una vittoria sulla morte.

MACCHINE DA GUERRA

Le macchine da guerra, nel fossato della Rocca, sono ricostruite sui disegni originali di Francesco di Giorgio Martini. Ricostruite in scala reale, realizzate per valorizzare la Rocca Roveresca, sono tra le più affascinanti macchine da guerra ideate dal Martini e raffigurate nel codice Magliabechiano. Comprendono macchine d’assedio, da difesa e bocche da fuoco posizionate nel Rivellino.Le parti lignee sono state ottenute da travi grezze scolpite a mano con l’ascia e lavorate con soli strumenti manuali.

TEATRO APOLLO

Il teatro Apollo entra in attività alla fine del ‘700 e precisamente nel 1789, anno di costituzione della “Società dei Condomini”ed è ricavato da un antica chiesa dedicata a San Filippo Neri, le cui origini salgono al ‘400. Durante i lavori di ristrutturazione del 1887, viene aggiunto il terzo ordine di palchi e rinnovate le decorazioni. Dall’atrio, abbellito da due colonne, si accede alla platea che ha un pavimento mobile in legno, che un tempo era sollevabile fino al piano del palcoscenico per lo svolgimento di feste danzanti.

Il soffitto è in gesso decorato e dipinto a effetto merlato al centro del quale spicca Apollo che suona la cetra, mente le decorazioni dei palchi sono del primo Novecento. Successivamente si hanno notizie di una sostanziale ristrutturazione attorno agli anni 1770-1780. Nel 1789 si costituisce la società del condominio fra comune e cittadini e il consiglio comunale nell’agosto approva i capitoli di regolamento dell’Accademia del Teatro, formata da soci e associati, ai quali spetta di eleggere il Principe del Teatro. Ha una platea di 10 file di poltrone per 69 posti a sedere e 3 ordini di palchi per un numero di 38 pari a114 posti per un totale di 184 posti a sedere.

Un documento del 1823 ne riporta i capitoli, ripresi con modifiche, nelle assemblee e consigli comunali del 1865 e 1900. Il capitolo VIII sancisce che “l’oggetto principale del teatro è conservare nel paese la buona armonia e togliere ogni emulazione”.

Il 12 gennaio del 1818 il Cardinale Segretario invita con ordinanza la Società Teatrale ad approvare nuovi regolamenti, per prevedere la riserva dei posti alle autorità e risulta che il Comune divide con i condomini la proprietà dei palchi e degli arredi teatrali.

L’Accademia Teatrale e l’amministrazione del condominio sono attivi e operanti per tutto il 1800 con programmi di impegno e qualità. Il condominio è sciolto ufficialmente nel 1956, quando il teatro è ormai fatiscente.

Nel 1872 si realizzano l’atrio e il terzo ordine di palchi. Nel 1894 la polizza antincendio attesta l’ottimo stato del fabbricato, degli arredi, delle decorazioni e del palcoscenico ed elenca due camerini per gli attori. Prende atto che il pavimento della platea è di legno e gli altri di mattoni, che la illuminazione è a petrolio (sostituito poi da olio vegetale), che le scale sono di pietra, che fra il primo e il secondo ordine di palchi c’è un ambiente per il caffé e al secondo piano una sala per le riunioni del condominio.

Il teatro è stato molto attivo nell’800; il comune condivideva la proprietà dei palchi e degli arredi teatrali con i Condomini. L’Accademia Teatrale e il Consiglio del Condominio è stata operante per tutto il XIX secolo sino agli anni 1940 e raramente dal 1940 al 1966 data di scioglimento del Condominio.

L’elevato valore storico culturale e architettonico del teatro Apollo deriva in particolare dal soffitto affrescato e dalle decorazioni i oro di stile barocco; diviene quindi comprensibile come per duecento anni sia stato considerato il maggiore centro culturale del Comune di Mondavio e dei centri vicini.

“È stata la casa dove i gentiluomini erano soliti ridursi per piacevole feste, musiche e danze, da lor si proponevano belle questioni e talor si facevano giochi ingegnosi ad arbitro or d’uno or d’ unaltro e spesso scoprivano allegoricamente i pensier sua chi più lor piaceva.”